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Quante e quali intelligenze mobilitare per decidere in un mondo che cambia

“Le emozioni determinano il modo in cui prendiamo decisioni, elaboriamo nuove idee e costruiamo relazioni”, afferma Joshua Freedman, CEO di Six Seconds, il primo network al mondo sull’intelligenza emotiva applicata a contesti business, organizzativi e educativi.

Quale sono oggi le implicazioni di questa frase rispetto allo sviluppo e all’impiego delle altre e multiple intelligenze, tra cui quelle artificiali, con cui sempre più frequentemente siamo chiamati a convivere proprio a partire dagli ambiti organizzativi esposti sempre più ad un mondo turbolento, ambiguo ed opaco?

Prima dell’IA, almeno per come abbiamo imparato a conoscerla ultimamente, un programmatore doveva prevedere tutti gli scenari in cui si sarebbe potuto trovare il sistema, seguendo blocchi logici decideva a priori quale sarebbe stata la risposta ad ogni scenario che oscillava, con una buona dose di approssimazione, tra semplice e complicato. (la nomenclatura è per il Framewrok Cynefin di Dave Snowden di Cognitive Edge).

Oggi il contesto di riferimento è cambiato, siamo sempre di più dentro una realtà complessa e caotica, e a seconda del compito specifico, l’algoritmo può essere progettato per prendere decisioni in modo autonomo o per assistere gli esseri umani nella loro presa di decisione. Con le reti neurali artificiali, ad esempio,le decisioni vengono prese su tecniche di apprendimento automatico, anche senza una supervisione umana (deep learning).

In buona sostanza, oggi le macchine sono in grado di rispondere senza che lo sviluppatore abbia determinato a priori, cosa fare per ogni possibile scenario.

Questa aumentata capacità delle macchine ci pone davanti al seguente quesito: come decide questo specifico tipo di intelligenza difronte ad uno scenario ambiguo, incerto e turbolento?

In alcuni casi, l’IA si adatta e trova soluzioni, anche mostrando abilità e competenze inattese.

È ovviamente su questo aspetto, o meglio a partire da questo aspetto, aperto e ancora tutto da esplorare in termini etici e di impatti, che si innesta la ricerca di possibili scenari ed alleanze tra le diverse e multiple intelligenze.

Quali scenari di integrazioni sono dunque possibili per ottimizzare il processo di decision-making in un contesto che cambia?

Sappiamo che prendere decisioni è un processo complesso che coinvolge diverse aree del cervello e molteplici fattori esterni ed interni. Tale processo si basa su una combinazione di ragionamento logico, emozioni, esperienze passate, intuizione e valori personali.

Ci sono diverse teorie che cercano di spiegare come gli esseri umani prendono decisioni. Una delle teorie più importanti è la teoria dell’economia comportamentale, che sostiene che le persone tendono a prendere decisioni razionali basandosi su considerazioni di costo-beneficio.

Tuttavia, studi recenti dimostrano che le persone spesso prendono decisioni irrazionali o sub-ottimali, nonostante le informazioni che hanno a disposizione.

Altre teorie suggeriscono che le decisioni sono influenzate da fattori emotivi, come la paura, la felicità o la tristezza, e da fattori sociali, come il desiderio di appartenenza a un gruppo o di conformarsi alle aspettative degli altri.

Ci sono anche fattori cognitivi e criteri che influenzano le decisioni, come la disponibilità di informazioni e la capacità di elaborarle. Sappiamo anche che questi criteri e fattori talvolta rimangono opachi o invisibili persino ai propri “decisori”.

Per certo sappiamo, come ci insegna la storia e la scienza, che l’adattamento, è una capacità tra le più importanti per gli esseri umani  nel proprio processo evolutivo. Adeguarsi all’imprevisto e individuare soluzioni alternative sono soft skills centrali nella storia umana, e nel modo in cui gli esseri umani hanno preso decisioni fino ad ora.

Fare una pausa per valutare prima di agire (Pensiero Sequenziale), affrontare le difficoltà, concentrarsi sulle possibilità future, assumere il controllo delle proprie energie ed emozioni (Risk Tolerance), allenare l’ottimismo (Perseguire Obiettivi Eccellenti) nel medio-lungo periodo, sono tutte competenze e strategie preziose, solo per citarne alcune, per sviluppare risposte adattive in un mondo che cambia.

Alleare il proprio Quoziente Emotivo (QE), cioè ottimizzare quella capacità di unire componenti cognitive con quelle socio-emotive, addestrandoci anche a riconoscere eventuali distorsioni e bias presenti nel nostro modo di ragionare, in una prospettiva ampliata ed inclusiva, potrebbe essere una strategia efficace per poter integrare e mettere in campo nuove alleanze tra le diverse e multiple intelligenze, compresa quelle di nuova generazione.

A partire dalla considerazione che tutte queste intelligenze, tutte utili con la propria specificità, vocazione e differenze, possono e devono essere mantenute insieme non solo dalla conoscenza ma anche da un livello di consapevolezza e tenuta etica, al fine di metterle al servizio di un mondo progettato su valori di sostenibilità, e sviluppo, inteso non solo in termini di crescita quantitativa ma anche e soprattutto qualitativa.

Autore: Leila Falzone – Agile & Executive Coach

Pubblicato su 13/02/2024