La business agility e la customer centricity
Sapersi adattare rapidamente è una delle caratteristiche delle aziende di successo. Il primo driver dell’adattamento è un orientamento forte, quasi ossessivo, verso il cliente.
Poco più di vent’anni fa, nel febbraio del 2001, fu redatto e pubblicato il Manifesto Agile per lo sviluppo del software. Ebbi modo di scoprirlo solo qualche anno dopo e fu un colpo di fulmine. In ogni storia d’amore, man mano che ci si frequenta si scopre qualcosa l’uno dell’altro che all’inizio non avevamo notato, ma che lentamente si amplifica fino a diventare l’elefante nella stanza. Nel mio caso, l’elefante che siede comodamente tra valori e principi si chiama Valore.
Nella mia testa (o nel mio cuore) ho da subito percepito che questa parola, Valore, fosse scivolosa e nel tempo questo pensiero è cresciuto costantemente, fino a renderlo oggetto del mio interesse personale e professionale: cos’è il valore? Come lo definiamo? Ma soprattutto, chi lo definisce?
Folgorato come San Paolo sulla via di Damasco, a un certo punto ho realizzato che, accecato dall’innamoramento, non avevo colto l’essenza di altri passaggi della Magna Charta dei padri fondatori dell’agilità. Uno su tutti: la centralità delle persone, ed in particolare del cliente.
Non è quindi un caso che nel libro “The Age of Agile”, Steve Denning abbia messo proprio la centralità del cliente (la customer-centricity) come uno dei tre tratti distintivi (o leggi) che caratterizzano le organizzazioni agili. Ho avuto modo, nel corso del tempo, di partecipare a diversi programmi di trasformazione agile, con vari livelli di “successo”, se li misuriamo in termini di aderenza al manifesto o a uno dei tanti framework (in the small, come Scrum, o in the large, come SAFe, Less o Scrum@Scale).
Quello che ho capito durante questi viaggi è che ci sono solo due metriche che misurino in modo efficace il successo del cambiamento, e sono entrambe collegate alla dimensione umana dell’organizzazione: la soddisfazione dei collaboratori e la soddisfazione del cliente.
Con una certa semplificazione, mi spingo a dire che solo la seconda sia in grado di raccontarci qualcosa sul livello di Business Agility raggiunto. Non dovrebbe essere qualcosa di sorprendente: nel 1954 Peter Drucker scriveva che lo scopo di qualunque impresa è creare un cliente e soddisfarlo.
Nella mia testa ha incominciato a formarsi l’immagine di cosa fosse, veramente, il Valore di cui parlava il manifesto, l’esperienza utente, che deve essere istantanea, priva di frizioni e intima, includendo tutto ciò che precede e segue l’acquisto, in termini di Caring.
Lavorare sul Valore, quindi, significa investire per creare la migliore esperienza utente possibile. E la buona notizia è che per ottenere un miglioramento anche sensibile del valore spesso è sufficiente iniziare a migliorare il prodotto. La cattiva notizia è che non esistono formule magiche o ingredienti segreti per farlo. Così come non basta leggere la biografia di Steve Jobs per replicare Apple partendo dal garage dei genitori, non possiamo pensare di prendere i casi di successo dell’applicazione di strumenti e metodologie, ampiamente documentati, in letteratura per creare prodotti di successo. Anche perché il mondo, e di conseguenza i clienti, cambiano sempre più velocemente e ciò che oggi è un successo domani potrà essere qualcosa di cui si parla per anni come caso di studio in negativo (Blockbuster e Nokia magari vi dicono qualcosa).
Ecco allora che assume un significato parlare di Business Agility, nella mia libera interpretazione: un approccio olistico e sistemico volto a creare prodotti e servizi che offrano continuamente un’esperienza di valore per i nostri clienti, adattandosi continuamente al cambiamento del contesto in cui operiamo.
Vi rimando ai prossimi articoli, in cui cercheremo di esplorare cosa significa in concreto portare il cliente al centro e sviluppare prodotti che i nostri clienti ameranno.