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Essere agili, unico destino delle aziende!

Dopo la rivoluzione industriale, la performance di un’azienda è sempre stata legata al raggiungimento di un elenco di attività e processi. Oggi però, la crisi complessa che stiamo attraversando e che colpisce l’economia, l’ecologia, la società, la cultura e l’educazione, immerge l’azienda in un mondo dove l’incertezza è diventata la regola. Questo nuovo stato delle cose che spinge a cercare nuove strategie, nuovi modelli di organizzazione o di regolamentazione, ci mette faccia a faccia ad un nuovo paradigma sociale, quello di una rivoluzione che non necessita né di cura, né di rimedio, ma di un adattamento. Essere agili.

Alcuni osservatori fanno riferimento alla teoria dell’evoluzione naturale, ipotizzando che solo le aziende più forti resisteranno sul lungo termine. Oppure, come sottolinea Darwin, le “specie che sopravvivono non sono quelle più forti, né le più intelligenti, ma quelle che si adattano meglio ai cambiamenti”. Pertanto, non ci si deve aspettare alcuna salvezza duratura nell’elaborazione dei piani “anti-crisi”, perché niente più è prevedibile. L’azienda di oggi deve essere capace di reagire velocemente. Deve adattare la sua organizzazione, i suoi prodotti e i suoi servizi alle sfide le mercato. L’agilità e i suoi principi, che si basano sulla cooperazione, la fiducia, e l’intelligenza collettiva, sono oggi la sola risposta all’incertezza.

Tuttavia, le aziende devono capire che l’agilità non è un nuovo modello che si sostituisce al vecchio. L’agilità non deve essere riassunta con delle pratiche da applicare in modo dogmatico, perché la sua forma può essere molteplice e dipende dagli obiettivi che ci si fissa nel proprio ecosistema.

Essere agili non è un fine ma un nuovo modo di essere che permette di adattarsi costantemente e rapidamente all’evoluzione del proprio ambiente. L’agilità determina la capacità individuale e collettiva di interagire, per riconfigurare le proprie attività, i propri processi e metodi di lavoro. È l’agilità che permette di mantenere la rotta e di raggiungere in modo efficace i propri obiettivi strategici.

Oggigiorno, un’azienda agile è un’azienda che gestisce i rischi e dà prova di manovrabilità, per cogliere le opportunità, apporta delle soluzioni ai propri clienti, coopera internamente per ottimizzare la produzione di valore e si arricchisce attraverso le competenze dei propri collaboratori.

Le trasformazioni agili che funzionano, hanno un punto in comune: l’ingaggio dei leader dell’organizzazione, unici capaci di incarnare il cambiamento. Non si deve dimenticare infatti che l’azienda è un sistema. Un sistema di valori, di credenze, ciascuno gioca un ruolo, ma solo i leader dispongono della capacità d’influenza necessaria per introdurre su larga scala l’emersione di una nuova mentalità ed essere agili.

Quindi, per i leader, non si tratta solo di delegare la messa a terra di nuove pratiche, chiamate “agili”, ma piuttosto di dimostrare che sono loro stessi i primi ad adottare i nuovi comportamenti, caratteristici dell’agilità. Unica condizione per promuovere e diffondere questi stessi comportamenti ai propri collaboratori. Perché non adottarli equivale a perpetuare i comportamenti abituali, tradizionali, che frenano o addirittura bloccano, l’emergere dei nuovi approcci. Einstein diceva: l’esempio non è il miglior modo di guidare il cambiamento, è l’unico”. Ecco perché, una trasformazione agile, voluta ma non vissuta, incontra, presto o tardi, dei grossi limiti.

Per guidare il cambiamento, sono necessari diversi ambiti di competenza: il lean management, il pensiero sistemico, il manifesto agile, per citarne solo alcuni. Sono ricche di insegnamenti, sia teorici che pratici, al limite della sperimentazione. Forniscono un nuovo linguaggio comune di principi e valori, a partire dal quale l’azienda adotta e matura nel proprio contesto pratiche, tecniche, modelli di collaborazione, etc.

Trasformarsi vuol dire anche accettare il succedersi di successi e fallimenti. L’errore contribuisce all’apprendimento e all’acquisizione progressiva di una migliore competenza. Se non si accetta, nessuna innovazione è possibile, senza presa di rischio non emergono nuovi comportamenti, come sottolinea Elon Musk: “L’errore, qui, è un’opzione. Se non sbagliate, non innovate abbastanza”. Ovviamente, non è lo sbaglio in sé che cerchiamo, ma è l’incredibile fonte d’apprendimento che ne deriva e che deve essere accolta come tale, perché alimenta il miglioramento continuo.

Non esistono quindi ricette miracolose per essere agili ma possiamo indicare alcune strade che percorriamo quotidianamente in inspearit.

Introdurre e far germogliare l’agilità in azienda è un processo di trasformazione che necessita di tempo in base alle dimensioni dell’organizzazione e richiede l’ingaggio di tutte le parti coinvolte.

Le trasformazioni che si limitano a creare delle isole agili all’interno di strutture che non lo sono, non posso dare i risultati attesi e sono difficilmente sostenibili. Ecco perché uno dei primi punti da affrontare è quello di ingaggiare il top management nella trasformazione di sé stesso. Anch’esso dovrà impegnarsi a rispondere in un modo che apporti il più valore possibile con meno (di effort, di strumenti…).

In questo contesto, la questione della “vision” è centrale. Ci permette di prendere la rincorsa e di ancorare l’organizzazione. Un modo di controbilanciare l’evoluzione permanente del proprio ambiente, del proprio contesto e la ricerca costante del miglioramento. È la visione che permette di restare allineati verso la produzione di valore. Questa visione evolve con l’apprendimento continuo da parte dei componenti dei team in base ai risultati dei loro esperimenti e non seguendo l’umore dei clienti.

In questo contesto, essere agili vuol dire procedere passo-passo, per aggiustamenti successivi e regolari, osservando ogni volta come il sistema ritrovi un nuovo equilibrio. L’errore sarebbe di calare le nuove pratiche su un’organizzazione già esistente. Avrebbe come conseguenza quella di sviluppare degli effetti collaterali e di aumentare le resistenze al cambiamento.

È necessario ricordarsi che le organizzazioni umane sono dei sistemi complessi e che è difficile prevedere gli impatti del cambiamento sull’insieme degli attori. Ecco perché, procedere favorendo le buone pratiche e scoraggiando quelle che non lo sono, mantenere e ottimizzare ciò che ha prodotto il successo dell’azienda e disfarsi di ciò che è diventato un peso, permette d’ingaggiare più velocemente i collaboratori. Favorire quello che funziona per l’organizzazione non significa imporre la metodologia ma riuscire a coniugare i valori e la cultura dell’azienda con quelli dell’agilità.

Infine, per avere successo è essenziale, persino vitale, iniettare conoscenza. Ma non una conoscenza qualsiasi! La conoscenza di quelli che “fanno” tutti i giorni. In altre parole, intelligenza collettiva. Perché privarsi delle conoscenze di coloro che hanno una visione dettagliata del business, significa costruire processi traballanti e privarsi di pratiche nuove ed efficaci, che potrebbero ottenere un’adozione più ampia.

In inspearit, accompagniamo i team a progredire a lungo termine sulla via dell’autonomia, della fonte di miglioramento, della pertinenza e della creatività. Con un obiettivo e un mandato chiaro: sostenere una visione e fornire una guida in un percorso di miglioramento continuo.

Gartner ritiene che nei prossimi anni le aziende dovranno dimostrare “plasticità organizzativa per trasformarsi e affrontare il futuro“. La volatilità sarà parte integrante del nostro futuro. Sono quindi le organizzazioni che si saranno organizzate per cambiare direzione e adattarsi, che resisteranno a tutti i tipi di perturbazione.

Serge Douillot
Presidente di Inspearit Group

Pubblicato su 14/05/2021